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MODELLO 231 E NORMATIVA COVID-19

MODELLO 231 E NORMATIVA COVID-19

L’emergenza sanitaria in corso sta facendo emergere alcune dinamiche relative all’organizzazione aziendale sempre più esposta a nuovi rischi reato rientranti nell’ambito applicativo del d. lgs. 231 del 2001 e tali da far riflettere sulle eventuali integrazioni da apportare ai Modelli di organizzazione e controllo e sull’area di operatività dell’Organismo di Vigilanza.

In questo contesto, il rischio da contagio Covid-19, presente indistintamente in tutte le imprese, assume senz’altro un ruolo centrale.

Esso, infatti, rappresenterebbe la concretizzazione del rischio reato sanzionato all’art. 25 septies del d.lgs. 231 del 2001, relativo all’omicidio colposo e alle lesioni gravi e gravissime commessi in violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute e sicurezza sul lavoro. È lo stesso Decreto Cura Italia, all’art. 42, comma 2, a sancire la riconducibilità “dei casi accertati di infezione da Coronavirus (Sars-Cov-2) in occasione di lavoro” nel novero degli infortuni sul lavoro.

A differenza degli ordinari rischi infortunistici, tuttavia, il rischio epidemiologico da Covid-19 presenta talune peculiarità. La natura esterna dell’origine del rischio comporta talune difficoltà per il datore di lavoro che si trova a dover individuare, prevenire e gestire un rischio che non ha in alcun modo contribuito a determinare. Parimenti, la natura incerta e imprevedibile della malattia e della sua progressione, nonché l’assenza ad oggi di una cura efficace volta a contenerne la diffusione, impediscono al datore di lavoro di avere a disposizione le esperienze e le tecniche richieste dall’art. 2087 c.c., e le competenze scientifiche necessarie a valutare adeguatamente un rischio di questo genere e le sue conseguenze.

È evidente a questo punto la similitudine con quanto avvenne nel nostro paese in materia di amianto: l’esposizione professionale ad amianto è divenuta oggetto di provvedimenti legislativi specifici solo a partire dalla seconda metà del ‘900, quando con il DRP 1124/1965 è stato istituito, per la prima volta, un trattamento assicurativo per i lavoratori affetti da malattie provocate dall’esposizione al minerale. Sino a quel momento, le conoscenze scientifiche sui rischi da amianto e sulle possibilità di diagnosi e terapia non consentivano di apprestare una tutela idonea ai lavoratori che venivano a contatto con esso.

In questa prospettiva, l’individuazione delle misure generali di contenimento e di prevenzione del contagio Covid-19 da adottare nelle organizzazioni aziendali è demandata alle Autorità pubbliche, le uniche che dispongono, coadiuvate da appositi Comitati scientifici, di informazioni e competenze necessarie a valutare il rischio Covid-19 e individuare le misure necessarie per fronteggiarlo.

Dette misure contenitive hanno trovato piena espressione nel “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro” del 14/3/2020 aggiornato il 24/4/2020, il quale distingue tra misure obbligatorie (tra le quali rientrano ad esempio il distanziamento di almeno un metro dei lavoratori e il divieto di accesso ai lavoratori con temperatura superiore a 37,5 gradi), misure facoltative (come la misurazione della temperatura all’ingresso, il divieto di accesso ai visitatori) e misure modulabili in base alle caratteristiche specifiche dell’impresa (ad esempio la sanificazione quotidiana e la gestione degli spazi comuni).

Alla luce di ciò, la prima azione organizzativa resa necessaria dal rischio da contagio Covid-19 è sicuramente il puntuale monitoraggio delle normative emanate periodicamente dagli enti e dalle autorità preposte al fine di definire il ruolo delle imprese nella gestione del rischio Covid-19. Successivamente, è opportuna un’attenta valutazione delle singole misure predisposte dall’Autorità pubblica così da garantirne la piena e rigorosa applicazione secondo le caratteristiche proprie dell’ente. La concreta attuazione delle misure previste dai Protocolli non può però prescindere dalla preventiva valutazione dell’esposizione dei lavoratori e dei singoli reparti al rischio Covid-19.

Ciò in quanto, si ritiene che un ente che abbia tempestivamente ed efficacemente attuato le misure predisposte dall’Autorità, congiuntamente ai rappresentanti delle imprese, difficilmente potrà vedersi contestato un caso di contagio sulla base dell’inadeguatezza delle misure, posto che si tratta di misure rese obbligatorie per legge. L’accertamento della responsabilità dell’ente, in caso di contagio, verterà solamente sul piano della rigorosa attuazione delle misure di prevenzione del contagio Covid-19 e non anche sull’efficacia delle stesse e sulla riconoscibilità, a priori, del rischio stesso già definita a livello centrale.

A dire il vero, un Modello 231 correttamente strutturato secondo la logica degli artt. 5 e 6 del d.lgs. 231/2001 in combinato disposto, per il settore della salute e sicurezza sul lavoro, con l’art. 30 del d.lgs. 81/2008 dovrebbe già contenere tali attività organizzative che costituiscono i presidi necessari per far fronte all’emergenza sanitaria in corso, senza alcun bisogno di modifiche o integrazioni ulteriori. Invero, la previsione di cui all’art. 30 comma 1 lettera a), impone già ai Modelli 231 di creare “un sistema aziendale per l’adempimento degli obblighi giuridici relativi al rispetto degli standard tecnico strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici”. Obbligo organizzativo che, ad oggi, condurrebbe ad attuare quel monitoraggio periodico dei provvedimenti adottati dalle Autorità e dagli Enti. Analogamente, il monitoraggio costante sulla corretta applicazione dei “Protocolli condivisi” si colloca sul fondamento dei presidi richiesti dalla lettera h) del comma 1 dell’art. 30 circa il controllo sul rispetto delle procedure di cui al medesimo comma 1.

Agli enti già dotati di un Modello 231 si consiglia pertanto di considerare l’emergenza sanitaria in corso quale fondamentale banco di prova al fine di verificare la tenuta e l’idoneità del proprio Modello 231 e, agli enti sprovvisti, di predisporre un efficace Modello 231 volto a prevenire, tra gli altri, il nuovo rischio da contagio Covid- 19.