PATENTE REVOCATA? NON SERVE LA RIABILITAZIONE!
Il codice della strada, all’art. 120, prevede che i titolari della patente di guida debbano essere in possesso di specifici requisiti morali.
In particolare, al momento della domanda, il richiedente deve essere in possesso di alcuni requisiti soggettivi quali, ad esempio, il non essere stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, non essere sottoposto a misure di sicurezza personali o ad alcune misure di prevenzione e non aver riportato condanne per alcuni reati in materia distupefacenti.
Se sussiste una di queste condizioni non è possibile ottenere la patente di guida fino a quando non si ottiene un provvedimento di riabilitazione dal Tribunale di Sorveglianza competente.
Se invece una delle situazioni sopra elencate interviene dopo che il soggetto aveva già conseguito il titolo abilitativo, questo può essergli revocato dalla Prefettura per il sopravvenuto venir meno dei requisiti morali.
Nonostante la norma preveda in tal caso, la possibilità di ripresentare la domanda per una nuova patente una volta che siano decorsi tre anni dal provvedimento di revoca, spesso Prefetture e Motorizzazioni rigettano queste domande richiedendo, anche in tali casi, l’allegazione di un provvedimento di riabilitazione.
Questo modus operandi tuttavia è del tutto illegittimo e nella migliore delle ipotesi impone al soggetto che vuole riottenere la patente di perdere tempo e soldi in una procedura ulteriore, la richiesta di riabilitazione innanzi al Tribunale di Sorveglianza. Vi sono però ipotesi in cui, per varie ragioni, non è possibile o conveniente ottenere il provvedimento di riabilitazione e ci si ritrova ingiustamente impossibilitati ad ottenere una nuova licenza di guida.
Per porre rimedio a tale ingiustizia è tuttavia possibile impugnare il diniego al conseguimento della patente espresso dalla Motorizzazione e dalla Prefettura innanzi al Tribunale Ordinario.
Dopo alcuni anni in cui si dibatteva se la competenza sul punto fosse dei Tribunali Amministrativi o dei Giudici Ordinari, la giurisprudenza ha infine stabilito che spetta a questi ultimi decidere trattando la questione di un vero e proprio diritto soggettivo del privato a presentare la domanda per l’esame di guida senza che vi sia alcun margine di discrezionalità in capo alla Pubblica Amministrazione (la Prefettura e la Motorizzazione) che deve limitarsi esclusivamente a verificare l’effettivo decorso del triennio dal momento della revoca della precedente patente (Sezioni Unite, ordinanza del 19 novembre 2020, n. 26391).
I Tribunali così interessati della questione hanno quindi confermato che l’art. 120 del codice della strada disciplina due distinte fattispecie per cui, diversamente dal caso disciplinato dal primo comma e relativo a coloro che commettono reati o perdono altrimenti i requisiti soggettivi prima di aver conseguito la patente di guida, nel caso contemplato dal secondo comma chi ha subito la revoca della patente per il successivo venir meno dei requisiti morali non deve ottenere la riabilitazione.
Recentemente anche il Tribunale di Ancona ha avuto modo di stabilire che il destinatario di un provvedimento di revoca, per conseguire una nuova patente di guida, deve attendere soltanto il decorso del triennio dalla revoca, senza che debba necessariamente ottenere anche un provvedimento riabilitativo. Conseguentemente, a fronte del ricorso contro i provvedimenti ostativi espressi da Motorizzazione e Prefettura, il Tribunale ne ha disposto la disapplicazione, ammettendo il ricorrente a sostenere gli esami per il conseguimento della nuova patente.
Avv. Sara Sbarbati