Le successioni
Alla morte di una persona, per tutte quelle situazioni giuridiche che non si estinguono per effetto del decesso, subentrano altri soggetti.
Mentre i diritti non patrimoniali (es. quelli della personalità), di regola si estinguono, quelli patrimoniali, quali il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento, le garanzie reali (pegno ed ipoteca) ed i diritti di credito del defunto, si trasmettono invece ai successori (fatta eccezione per quei diritti reali che per loro essenza si estinguono con il decesso del de cuius, quali l’usufrutto, l’uso e l’abitazione). Specularmente si trasmettono all’erede anche i debiti, esclusi debiti quelli caratteri strettamente personali (es. le rendite vitalizia, le obbligazioni di fare, etc.).
Più complesso è il discorso per i contratti in corso di esecuzione al decesso di una delle parti. In linea generale si può affermare che il contratto non si estingue e che, pertanto, l’erede subentra nell’esercizio dei diritti e nell’adempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto. Vi è infatti un favore dell’ordinamento giuridico affinché vi sia una continuità dei rapporti oltre la vita dell’originario titolare, tanto che si dice che l’erede subentra nella medesima posizione giuridica del de cuius. In tal modo si è inteso assicurare il più possibile l’attuazione, nonostante la morte di uno dei contraenti, dei rapporti patrimoniali che quest’ultimo aveva posto in essere. L’interesse, oltre a quello del successore o dell’altra parte, è sempre e comunque l’interesse generale acchè i contratti siano eseguiti e le obbligazioni adempiute.
L’insieme dei rapporti giuridici (proprietà dei beni, diritti reali, crediti, debiti, contratti) che alla morte del de cuius si trasmettono ai suoi successori prende in nome di eredità o asse ereditario.
La successione si apre al momento della morte del soggetto e nel luogo di ultimo domicilio dello stesso, ma il decesso della persona non determina di per sé sola la trasmissione dell’eredità ai successibili, i quali, fino a quando non hanno accettato, espressamente o tacitamente, sono solo chiamati all’eredità. Si parla quindi in questa fase di delazione o devoluzione dell’eredità. In sostanza, il patrimonio del de cuius è destinato alla successione ma ancora non si sa se e quali chiamati all’eredità accetteranno (il termine, salvo in caso di accettazione tacita, è di 10 anni dalla morte della cui eredità si tratta).
L’eredità si devolve per legge o per testamento, dando luogo, nel primo caso, alla successione legittima (che opera in mancanza di testamento), e nel secondo, a quella testamentaria. Vi è poi la successione c.d. necessaria, la quale opera in presenza di testamento o di altri atti di liberalità che abbiano pregiudicato i diritti dalla legge riservati a determinati soggetti particolarmente tutelati dalla legge, i legittimari.
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SUCCESSIONE LEGITTIMA
Il fondamento della successione legittima è nel rapporto di famiglia che unisce il defunto ai parenti (e non gli affini) fino al sesto grado (coniuge, discendenti, ascendenti e collaterali) e, in mancanza, allo Stato, che succede però senza bisogno di accettazione e non può rinunciarvi, pur rispondendo dei debiti ereditari solo entro il valore dei beni ricevuti.
L’ordine è il seguente:
- se ci sono i figli, i beni vanno a loro in parti uguali; al coniuge in vita va la metà del patrimonio oppure un terzo a seconda che concorra con uno o più figli;
- se non ci sono figli, due terzi vanno al coniuge e un terzo ai genitori, fratelli e sorelle;
- se non ci sono né figli, né coniuge ancora in vita, succedono i genitori, i fratelli e le sorelle (se mancano i genitori va tutto ai fratelli e sorelle, se mancano i fratelli e le sorelle, va tutto ai genitori);
- se nessuno dei sopra elencati soggetti è sopravvissuto al de cuius, i beni vanno agli altri parenti, senza distinzione di linea (diretta o collaterale), a cominciare dal grado più prossimo fino al sesto grado.
Ciascun grado esclude il successivo, tenendo però presente le norme sulla “rappresentazione”: così, ad esempio, se un fratello è premorto (ossia deceduto prima della morte del soggetto della cui eredità di tratta), succedono i figli dello stesso, in concorso con gli altri successibili dello stesso ordine; se mancano altri successibili dello stesso ordine, tutto andrà ai figli del fratello premorto.
SUCCESSIONE TESTAMENTARIA
Il testamento è un atto personalissimo (come tale non può essere compiuto da un rappresentante volontario o legale), con il quale taluno dispone di tutte le proprie sostanze, o di parte di esse, per il tempo in cui avrà cessato di vivere e che può contenere anche disposizioni non patrimoniali (es. riconoscimento del figlio naturale).
Detto atto unilaterale è sempre revocabile, o in modo espresso o tacitamente (solitamente formando un nuovo testamento il cui contenuto è incompatibile con quello precedente).
Il testamento, quanto alla forma, può essere:
– olografo: è scritto, datato e sottoscritto tutto di pugno dal testatore;
– pubblico: è scritto dal notaio dopo che il testatore gli ha espresso le sue volontà davanti a due testimoni ed è sottoscritto da questi due, dal testatore e dal notaio, che appone anche l’ora;
– segreto: è scritto in un qualunque foglio (scheda testamentaria), anche da persona diversa dal testatore ed anche dattiloscritto; il testatore personalmente, davanti a due testimoni, consegna il foglio, sigillato o chiuso in una busta sigillata, ad un notaio; questi annota all’esterno del foglio o della busta tutte le formalità compiute davanti in sua presenza, appone la data e sottoscrive insieme al testatore e ai testimoni.
Sia il testamento segreto che quello olografo vanno pubblicati davanti ad un notaio dopo l’apertura della successione.
Le disposizioni patrimoniali che formano il contenuto tipico del testamento sono:
- a) L’istituzione di erede (uno o più), che è un successore a titolo universale. Questi succede per la quota stabilita dal de cuius o, in mancanza di diverse indicazioni, in parti uguali. L’eredità non si acquista “automaticamente”, ma è necessaria l’accettazione, che può essere fatta entro dieci anni dal giorno dell’apertura della successione, e che può essere tacita (quando il chiamato all’eredità compie atti incompatibili con la volontà di non accettare), oppure espressa (resa quindi con atto pubblico o scrittura privata). Vi è poi un terzo tipo di accettazione, quello con beneficio di inventario, che evita che i beni dell’erede si confondano con quelli del defunto, con il rischio che il successore debba procedere al pagamento dei debiti ereditati anche facendo ricorso al proprio patrimonio personale. Si ricorre quindi all’accettazione beneficiata quando non si conosce la consistenza dell’eredità e si tema che le passività superino le attività.
Questo tipo di accettazione si fa con atto ricevuto dal notaio o dal cancelliere del Tribunale del luogo di apertura della successione e, se vi sono beni immobili, va trascritta in conservatoria dei registri immobiliari e, comunque, inserita nel registro delle successioni. Perché abbia effetto, l’erede deve compiere entro tre mesi (decorrenti dall’apertura della successione se l’erede e nel possesso dei beni e dalla dichiarazione di accettazione beneficiata se non lo è) l’inventario dei beni. L’erede decade dal beneficio se non esegue l’inventario nel termine di legge o se dispone di beni ereditari senza l’autorizzazione del giudice.
- b) Il legato, che altro non è che una disposizione a titolo particolare, avente quindi ad oggetto solo beni determinati e non tutto il patrimonio del defunto. Il legato può essere posto a carico di un solo erede oppure di tutti. Per l’adempimento dei legati gli eredi rispondono illimitatamente, salvo che non abbiano accettato con beneficio di inventario; se invece l’adempimento del legato è posto a carico di un altro legatario (sublegato), questi risponde nei limiti di valore di quanto ricevuto; i legati si acquistano immediatamente, senza bisogno di accettazione, salva la facoltà del legatario medesimo di rinunciarvi.
- c) La costituzione di una fondazione.
LA SUCCESSIONE NECESSARIA
Se il de cuius aveva in vita un coniuge, dei discendenti o gli ascendenti, una quota di eredità, detta “legittima o “riserva” spetta sempre a questi ultimi (anche contro la volontà del disponente), mentre la parte rimanente, c.d. “disponibile”, può essere oggetto di libera disposizione del defunto, che potrà quindi devolverla a mezzo testamento o donazione in vita.
L’ordine di successione è il seguente:
- al coniuge è riservata la metà del patrimonio, che si riduce ad un terzo o ad un quarto se lo stesso concorre con un figlio o più figli, oltre al diritto di abitazione sulla casa di residenza familiare;
- ai figli o, se costoro non possono, ai loro discendenti, secondo i principi della rappresentazione, vanno un mezzo o due terzi del patrimonio, da dividersi in parti uguali a seconda che siano uno o più. Nel concorso fra più figli e coniuge, occorre distinguere, se c’è un solo figlio, un terzo del patrimonio va a lui ed un altro al coniuge, se i figli sono più di uno, ad essi va complessivamente la metà del patrimonio ed un quarto va al coniuge;
- in mancanza di figli, agli ascendenti del defunto è riservato un terzo del patrimonio, che si riduce ad un quarto se questi concorrono con il coniuge.
La quota disponibile si calcola detraendo dal valore del patrimonio relitto (relictum) i debiti ed aggiungendo le donazioni fatte in vita dal de cuius (donatum). Questa operazione prende il nome di riunione fittizia e serve ad accertare se il defunto, donando in vita i propri beni, abbia pregiudicato i diritti dei legittimari.
Il legittimario che non abbia ricevuto nulla (c.d. pretermesso), o che abbia ricevuto una quota minore rispetto a quella di riserva, può agire con l’azione di riduzione. In primo, luogo si agisce per la riduzione delle quote spettanti agli eredi e dei legati, solo se ciò non si ripristinasse la quota di riserva una volta operata la riduzione delle donazioni, cominciando da quella più recente.
Può anche accadere che il de cuius lasci al legittimario un legato in sostituzione di legittima ed in questo caso quest’ultimo non diventa erede, quindi non risponde neppure dei debiti, ma riceve solo il legato, che, appunto, si sostituisce alla quota di legittima.
RAPPRESENTAZIONE – SOSTITUZIONE – ACCRESCIMENTO
La rappresentazione. Tanto in ipotesi di successione legittima che di successione testamentaria, opera la rappresentazione quando una persona, che per testamento o per legge sia chiamata a succedere, non voglia (non accetti l’eredità o vi rinunci) o non possa (sia indegna o sia premorta) succedere, facendo in tal modo subentrare i discendenti. Ha luogo in linea retta, a favore dei discendenti dei figli, ed in linea collaterale, solo a favore dei discendenti dei fratelli e sorelle ed ha luogo in entrambi i casi all’infinito.
La sostituzione. In caso di successione testamentaria, il testatore può prevedere che qualora l’erede o un legatario non possa o non voglia accettare gli subentri un altro soggetto dallo stesso già individuato (sostituto).
L’accrescimento. Se non è prevista la sostituzione, né sussistono i presupposti della rappresentazione, può aver luogo l’accrescimento, ossia l’espansione, per così dire, della quota dell’erede o della porzione del legatario che invece ha invece accettato (o non rinunciato, in caso di legato). Questo presuppone che più persone siano state instituite eredi o di co-legatari e che alcuni di loro non possono o non vogliono. Il testatore può pero sempre escludere l’accrescimento.
Riepilogando, la devoluzione successiva opera come segue:
- sostituzione (se prevista dal testatore);
- rappresentazione (se possibile);
- accrescimento (se ne sussistono i presupposti e non è stato escluso dal testatore);
- successione legittima (o, per i legati, attribuzione alla porzione dell’erede onerato).
LA DONAZIONE
La donazione è il contratto, che deve rivestire, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico, con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa un’obbligazione.
La donazione che abbia per oggetto somme di denaro o altre cose mobili di modico valore è valida anche in mancanza dell’atto pubblico, purché vi sia stata la consegna.
La donazione può essere revocata dal donante in due casi: a) per sopravvenienza dei figli (l’azione si prescrive in cinque anni); b) per ingratitudine del donatario (entro un anno dalla conoscenza del fatto). Ma a parte questi due casi, il donatario è comunque in una posizione di acquisto precario. In effetti, è esposto all’eventualità di una restituzione al donante che versi in stato di bisogno ed inoltre, finché non sono trascorsi dieci anni dalla morte del donante, sia il donatario che i suoi aventi causa rischiano di subire l’azione di riduzione dei legittimari del donante. Se poi il donatario è discendente o coniuge del donante, c’è il rischio di essere tenuto, dopo la morte del donante, a conferire in collazione ciò che si è ricevuto.