Reati Ambientali
A garanzia della tutela di un ambiente salubre nonché dell’incolumità pubblica, avendo le relative condotte una potenzialità lesiva tale da costituire una minaccia nei confronti di un numero indeterminato di persone, il codice penale prevede precise fattispecie di reato, integrate con la riforma del 2015, di seguito elencate:
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Incendio boschivo (art. 423 bis del codice penale)
La fattispecie in esame, dapprima disciplinata come circostanza aggravante del reato di incendio disciplinato dall’art. 423, è stata introdotta quale ipotesi autonoma di reato al fine di fronteggiare in modo più rigoroso i danni prodotti dai piromani. Essa, si differenzia dalla fattispecie comune per l’oggetto materiale della condotta qui individuato nei boschi, selve o foreste e vivai forestali destinati al rimboschimento. Scopo della norma è, dunque, quello di difendere l’ambiente sub specie di patrimonio boschivo nazionale.
La pena stabilita è la reclusione da quattro a dieci anni.
Tuttavia, se l’incendio è cagionato per colpa, ossia in violazione delle regole di cautela e diligenza predisposte per l’utilizzo di boschi, selve e foreste, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
Tali pene sono aumentate se dall’incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette. Sono aumentate della metà, se dall’incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all’ambiente.
Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
Inondazione, frana, valanga (art. 426 del codice penale)
La norma sanziona con la reclusione da cinque a dodici anni chi cagiona un’inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga.
In particolare, l’inondazione è l’allagamento prodotto dalla invasione di acque in luoghi non destinati a riceverle, con deforme modificazione degli stessi mentre la frana consiste nel precipitare dall’alto di una notevole quantità di pietra, terra o sabbia. La valanga consiste invece in un’enorme quantità di neve che, staccandosi da un alto punto della montagna, precipita a valle convogliando via via altra neve.
Ciò posto, per la configurabilità del reato non è sufficiente, ad esempio, un mero smottamento, essendo per contro necessario un evento di danno, di proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento, senza che sia necessario verificare il concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità, essendo tale pericolo presunto dalla legge. I medesimi requisiti di vastità e difficoltà di contenimento valgono anche per le ipotesi di valanga ed inondazione. Per quest’ultima, infatti, non è rilevante un esiguo allagamento.
Il reato in esame è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale collegiale.
Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga (art. 427 del codice penale)
La fattispecie in analisi sanziona penalmente chi rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di un’inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga. La condotta criminosa è, dunque, diretta al danneggiamento di opere destinate alla difesa contro acque, valanghe e frane. Si differenzia dal reato di cui all’art. 426 c.p., in quanto è qui richiesto il fine specifico di danneggiare la cosa. La pena individuata è della reclusione da uno a cinque anni.
Se dalla condotta deriva il disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
Crollo di costruzioni o altri disastri (art. 434 del codice penale)
Detta norma applica la pena della reclusione da uno a cinque anni a chi commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità. Vengono quindi in rilievo tutte le condotte aggressive, diverse da quelle tipizzate nelle norme precedenti, che rappresentano un pericolo per l’incolumità pubblica.
Se poi il crollo o il disastro ha effettivamente luogo la pena è aumentata e consiste nella reclusione da tre a dodici anni.
In entrambi i casi si procede d’ufficio, per il reato base la competenza è del Tribunale monocratico mentre per l’ipotesi aggravata la competenza è del Tribunale collegiale.
Diffusione di una malattia delle piante o degli animali (art. 500 del codice penale)
La norma, posta a tutela del patrimonio agricolo, forestale e zootecnico di carattere nazionale, punisce chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all’economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione.
Nel dettaglio, per piante si intendono quei vegetali che possono servire all’economia rurale o forestale, risultandovi, pertanto, compresi non solo gli alberi, ma anche erbe, piante da fiore, da frutto o da ornamento, purché rilevanti per l’economia. Rientrano, invece, nel concetto di animali tutte le specie utili all’economia nazionale e facenti parte del patrimonio zootecnico dello Stato. Sono dunque escluse le specie considerate nocive e feroci, quali lupi o volpi.
Ai fini della configurabilità della fattispecie in esame non è necessaria la diffusione della malattia nell’intero territorio nazionale, o a vaste zone dello stesso, essendo sufficiente che la possibilità di estensione, anche per facilità e rapidità di trasmissione, faccia sorgere un concreto pericolo per l’economia rurale o forestale, ovvero per il patrimonio zootecnico nazionale.
La pena prevista è della reclusione da uno a cinque anni mentre, se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da euro 103 a euro 2.065.
Il reato in esame è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
Come anticipato con la legge 68/2015 è stato introdotto all’interno del codice penale il titolo VI bis (452 bis- 452 terdecies), intitolato “Dei delitti contro l’ambiente”, le cui fattispecie meritano l’analisi separata e approfondita che segue:
L’Inquinamento ambientale (art. 452 bis del codice penale)
Punisce la condotta di chi cagiona abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
Può riguardare una matrice ambientale (acque, aria, porzioni estese o significative del suolo o sottosuolo), un ecosistema nel suo complesso (fiume comprensivo di pesci), la biodiversità, anche agraria della flora e della fauna.
È un reato di evento in senso naturalistico e, pertanto, il reato si consuma con l’effettiva compromissione o con il deterioramento, significativi e misurabili dei beni ambientali specificamente individuati dai legislatori. In mancanza sarà configurabile il tentativo.
La pena prevista per il reato è della reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000.
La pena è aumentata quando l’inquinamento è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette.
Trattasi di reato procedibile d’ufficio e di competenza del Tribunale monocratico.
Tale fattispecie di reato rientra nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/2001, disciplinati dall’art. 25 undecies, prevedendo una sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote.
Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (Art. 452 ter del codice penale)
Il primo comma che prevede un trattamento sanzionatorio più aspro in relazione a fatti che sarebbero comunque punibili a titolo di lesioni od omicidio colposo che sono la conseguenza, non voluta dal reo, di uno dei fatto di cui all’art. 452 bis c.p.
Premesso che le lesioni lievissime, ossia quelle produttive di una malattia guaribile in un tempo non superiore a venti giorni, non assumo alcuna rilevanza penale, nel caso di lesioni lievi si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni. Per le lesioni gravi la pena è della reclusione da tre a otto anni. Nel caso di lesioni gravissime la pena è della reclusione da quattro a nove anni. Se ne deriva la morte di una persona, la pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Il secondo comma, invece, prevede che nel caso di morte di più persone, di lesioni di più persone, ovvero di morte di una o più persone e lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l’ipotesi più grave, aumentata fino al triplo, ma la pena della reclusione non può superare gli anni venti.
Si procede in entrambi i casi d’ufficio e la competenza spetta al Tribunale monocratico.
Disastro ambientale (art. 452 quater del codice penale)
Punisce, con la reclusione da 5 a 15 anni, chi cagiona abusivamente un disastro ambientale. La fattispecie assume una forma sussidiaria poiché è applicabile solo ove nella condotta non siano rinvenibili gli estremi del delitto di cui all’art. 434 c.p., ossia il crollo di costruzioni o altri disastri dolosi.
Il disastro penalmente rilevante consiste alternativamente:
– nell’alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
– nell’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
– nell’offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Il disastro come alterazione ambientale consiste in un nocumento avente un carattere di prorompente diffusione ed espansività tale da esporre a pericolo, collettivamente, un numero indeterminato di persone. Il disastro è irrimediabile anche qualora occorra il decorso di un ciclo temporale talmente ampio, in natura, da non poter essere rapportabile alle categorie dell’agire umano. Costituisce disastro anche quello di ardua reversibilità che sussiste quando l’eliminazione dell’alterazione dell’ecosistema risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali.
Diversamente, il disastro quale offesa alla pubblica incolumità consta di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi. Esso, inoltre, deve provocare un pericolo per la vita o per l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone.
Il secondo comma dell’art. 452 quater prevede un aumento della pena fino ad un terzo in virtù del carattere speciale dei beni o degli esseri viventi oggetto del disastro. In particolare quando il disastro è prodotto in un’area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie di animali o vegetali protette.
Il reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale collegiale.
Detta fattispecie di reato rientra nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex d.lgs. 231/2001, disciplinati dall’art. 25 undecies e prevede una sanzione pecuniaria da quattrocento a ottocento quote.
I delitti ambientali in configurazione colposa (ART. 452 quinquies)
La norma estende la punibilità relativa ai delitti di inquinamento e disastro ambientale ai fatti commessi per colpa, prevedendo tuttavia una pena ridotta, rispetto a quella prevista per le suddette fattispecie, da un terzo a due terzi. Le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo se dalla condotta deriva solo il pericolo di inquinamento o di disastro ambientale. Rientra inoltre nel novero dei reati presupposto della responsabilità dell’ente ex art. 25 undecies, prevedendo la sanzione pecuniaria da duecento a cinquecento quote.
Traffico o abbandono di materiale ad alta radioattività (Art. 452 sexies del codice penale)
Questa norma contiene una previsione ad hoc diretta a prevenire e reprimere qualunque traffico di materiale radioattivo abusivo.
Punisce, dunque, la condotta di chi abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività.
La pena prevista per tale fattispecie di reato è la reclusione da 2 a 6 anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro.
La pena è aumentata fino ad un terzo se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:
- delle acque o dell’aria, di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
- di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
La pena è invece aumentata fino alla metà se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l’incolumità delle persone.
Detto reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del tribunale monocratico.
Rientra, inoltre, nel novero dei reati presupposti della responsabilità amministrativa dell’ente ex art. 25 undecies, sanzionato con la pena pecuniaria da duecentocinquanta a seicento quote.
Impedimento del controllo (ART. 452 septies del codice penale)
La disposizione opera tutte le volte in cui sia ostacolato un campionamento o una verifica ambientale e sarà configurabile solo ove il fatto non costituisce un più grave reato.
Nel dettaglio, la norma punisce la condotta di colui che, negando l’accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti.
Le condotte criminose consistono alternativamente:
- Nell’impedimento, ossia nella preclusione assoluta del controllo;
- Nell’intralcio, per tale intendendosi la creazione di situazioni tali da rendere più difficoltoso il controllo;
- Nell’elusione, cioè nella condotta finalizzata a sottrarsi fraudolentemente al controllo;
- Nella compromissione degli esiti e dunque nella condotta ex post rispetto al controllo mediante la quale si rendono inattendibili o inesatti gli esiti.
Il reato è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. È, inoltre, procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
- L’Art. 452 octies dispone che quando un’associazione per delinquere è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal titolo VI bis, le pene previste dall’art. 416, che sanziona coloro che promuovo o costituiscono un’associazione finalizzata a commettere delitti, sono aumentate. Lo stesso vale per il delitto di associazione mafiosa ex art. 416 bis c.p.
La pena aumentata da un terzo alla metà se a far parte delle suddette associazioni sono pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.
Detto reato rientra nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente ex art. 25 undecies, prevedendo la sanzione pecuniaria da trecento a mille quote;
- L’art. 452 nonies ha introdotto la cd. aggravante ambientale, configurabile allorquando un qualsiasi reato è stato commesso allo scopo di eseguire uno o più reati ambientali ovvero quando dalla sua commissione derivi la violazione di una o più delle norme del cd. testo unico ambiente o di altra legge a tutela dell’ambiente, disponendosi, in tale caso la perseguibilità d’ufficio del reato.
Ravvedimento operoso (Art. 452 decies del codice penale)
Prevede una riduzione di pena dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.
Dispone, inoltre, una riduzione della pena da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell’individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.
Omessa bonifica (art. 452 terdecies)
Detta norma sanziona la condotta di chi, essendovi obbligato per legge o per ordine del giudice o di un’autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi.
L’introduzione della clausola di riserva “salvo che il fatto non costituisca più grave reato” fa in modo che essa possa operare solo nelle ipotesi di un superamento delle soglie di rischio che non abbia raggiunto gli estremi dell’inquinamento, o che non abbia cagionato una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili dei beni elencati nell’art. 452 bis c.p.
Traducendosi nella mera omissione di un obbligo imposto, il momento consumativo di detto reato coincide con esso mentre è da escludersi la configurabilità del tentativo.
La pena stabilita per il reato di omessa bonifica è della reclusione da 1 a 4 anni e la multa da 20.000 a 80.000 euro.
Trattasi di reato procedibile d’ufficio di competenza del Tribunale Monocratico.
Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (Art. 452 quaterdecies del codice penale)
Detta norma è stata introdotta dall’art.3 del d.lgs. 21 del 2018 al fine di punire più severamente, con scopo deterrente, le condotte di gestione abusiva dei rifiuti, a prescindere che essa sia posta in essere in forma associativa o meno.
Essa, pertanto, punisce, con la reclusione da uno a sei anni, la condotta di chi, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti.
Posto che la configurabilità del delitto richiede il compimento di più operazioni, la norma allude ad una dimensione dilatata nel tempo delle condotte, a prescindere che esse siano illecite per assenza, scadenza o difformità del titolo abilitativo. Richiede inoltre la presenza di una, seppure rudimentale, organizzazione professionale che sia in grado di gestire ingenti quantitativi di rifiuti in modo continuativo.
Se l’oggetto materiale degli illeciti sono i rifiuti ad alta radioattività, la sanzione è aumentata e si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
In ogni caso la norma prevede la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Qualora ciò non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.