Reati in materia di sicurezza sul lavoro
La sicurezza sul lavoro è un diritto costituzionalmente tutelato che impone al datore di lavoro di adottare una serie di misure di prevenzione e protezione tecniche, organizzative e procedurali, al fine di garantire ai lavoratori un ambiente di lavoro sicuro e salubre.
Un generico obbligo di tutelare l’integrità psicofisica dei lavoratori mediante l’adozione ed il mantenimento dei presidi antinfortunistici volti a preservare i lavoratori dai rischi connessi alla loro attività è sancito in capo al datore di lavoro dall’art. 2087 c.c. La norma, inoltre, impone al datore di adeguare gli strumenti di protezione ai progressi tecnologici in modo da assicurare una costante protezione nel tempo ai dipendenti nonché ad impartire direttive ed istruzioni idonee a rendere edotti i dipendenti dai rischi connessi alla mancata attuazione delle disposizioni ed a vigilare sull’effettiva attuazione delle misure di sicurezza adottate.
Il d.lgs. 81/2008, meglio noto come “Testo Unico della sicurezza sul lavoro”, accorpando tutte le normative emanate nel corso degli anni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, propone un sistema di gestione della sicurezza e della salute in ambito lavorativo preventivo e permanente, attraverso l’individuazione dei fattori e delle sorgenti di rischio, la valutazione e riduzione del rischio, il continuo controllo delle misure preventive messe in atto nonché l’elaborazione di una strategia aziendale che comprenda tutti i fattori di una organizzazione (tecnologie, organizzazione, condizioni operative, ecc.).
Per quanto concerne la tutela penale, il codice penale prevede alcune specifiche fattispecie di reato:
Indice dei contenuti
Omicidio colposo commesso in violazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro (Art. 589, comma 2, del codice penale)
Il reato prevede un trattamento sanzionatorio aggravato rispetto alla fattispecie generale di omicidio colposo di cui al primo comma, qualora l’omicidio colposo è commesso violando le norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, posto che il datore di lavoro risulta essere titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore, essendo gravato dall’obbligo di adottare tutti gli strumenti idonei a garantire la sicurezza dei propri dipendenti. Tale aggravante sussiste non solo quando è contestata la violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro ma anche quando la contestazione verte sull’omissione dell’adozione di misure o accorgimenti per la più efficace tutela dell’integrità fisica dei lavoratori, in violazione dell’art. 2087 c.c.
Il reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico. Rientra inoltre nel novero dei reati presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex art. 25 septies d.lgs. 231 del 2001, prevedendo una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a duecentocinquanta euro e non superiore a cinquecento euro. Sono inoltre previste le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2 (l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi) per una durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un anno.
Lesioni colpose commesse in violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro (art. 590, comma 3, del codice penale)
Il reato prevede un aumento di pena rispetto alla fattispecie generale di lesioni colpose allorquando le lesioni gravi o gravissime sono commesse in violazione delle norme antinfortunistiche. Nel dettaglio, se la lesione è grave la pena è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000, se la lesione è gravissima la pena è della reclusione da uno a tre anni. Anche qui, l’aggravante sussiste sia nel caso in cui è contestata la violazione di specifiche norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro sia quando la contestazione verte sull’omissione dell’adozione di misure o accorgimenti per la più efficace tutela dell’integrità fisica dei lavoratori, in violazione dell’art. 2087 c.c.
In entrambe le ipotesi, di omicidio colposo e lesioni colpose commesse in violazione della normativa antinfortunistica, la responsabilità del datore di lavoro è esclusa solo in caso di comportamento abnorme del lavoratore. In particolare, è esclusa allorquando il lavoratore ha posto, in essere una condotta imprudente che esula dalle sue mansioni e, dunque dalla prevedibilità del datore di lavoro, ovvero nel caso di condotta che, pur rientrando nelle mansioni affidategli, si è tradotta in un comportamento ontologicamente lontano dalle prevedibili imprudenze del lavoratore nell’esecuzione del lavoro.
Il reato in esame è procedibile d’ufficio e la competenza è riservata al Tribunale monocratico. Costituisce, inoltre, reato presupposto della responsabilità amministrativa degli enti ex art. 25 septies del d.lgs 231/2001, prevedendo una sanzione pecuniaria in misura non superiore a duecentocinquanta euro. L’art. 25 septies prevede anche le sanzioni interdittive di cui all’articolo 9, comma 2 (l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi), per una durata non superiore a sei mesi.
Rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro (art. 437 del codice penale)
La fattispecie in esame punisce chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia.
La condotta criminosa può consistere, alternativamente, in un’omissione (omette di collocare) o in un’azione (rimuove o danneggia).
Menzionando “i segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”, la norma allude a tutti i dispositivi che, in concreto, possano essere necessari per evitare infortuni sul lavoro.
Con particolare riguardo alla rimozione, si evidenzia che non rileva soltanto la materiale asportazione, dal dispositivo, dei congegni di sicurezza, ma anche ogni attività che ne frustra il funzionamento in relazione alla finalità antinfortunistica cui essi sono predisposti.
La sanzione penale prevista è la reclusione da 6 mesi a 10 anni.
Tuttavia, se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da 3 a 10 anni.
Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
Occorre poi precisare che in caso di condanna viene applicata la pena accessoria dell’incapacità di contrarre con la P.A. di cui agli artt. 19, n.5 e 32 quater, qualora il delitto sia stato commesso in occasione dell’esercizio di una attività imprenditoriale.
Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro (art. 451 del codice penale).
La norma in esame punisce la condotta colposa del datore di lavoro che omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati all’estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro. Lo scopo, dunque, è quello di assicurare la costante presenza ed efficienza delle cautele preventive e delle difese che sono state predisposte.
La pena è della reclusione fino a 1 anno o la multa fino a 516 euro.
Si procede d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.