Responsabilità amministrativa degli enti ex D.LGS 231 del 2001
Con il Decreto Legislativo n. 231/2001, contenente la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”, è stata introdotta nel nostro ordinamento la responsabilità amministrativa degli enti, i quali costituiscono ad oggi centri d’imputazione autonomi ed ulteriori rispetto all’autore persona fisica del reato. È stato così superato il dogma societas delinquere et puniri non potest, secondo cui soltanto una persona fisica può rispondere dell’illecito penale e non anche una persona giuridica.
A norma dell’art. 1, comma 2, del suddetto decreto possono incorrere in questo tipo di responsabilità gli enti forniti di personalità giuridica (come ad esempio le società di capitali e cooperative, le associazioni, fondazioni e ogni altra istituzione, non finalizzata allo svolgimento di attività economica, che acquista la personalità giuridica in base al d.p.r. 10 febbraio 2001, n. 361) e le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica (vi rientrano ad esempio le società a base personale e le associazioni non riconosciute).
Sono invece esclusi, secondo l’art. 1, comma 3, del Decreto, lo stato e gli enti pubblici territoriali, gli altri enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
Va precisato che la persona giuridica non sarà chiamata a rispondere di qualsiasi reato. L’ente sarà responsabile solo ove si configuri uno dei reati tassativamente elencati negli articoli 24 e seguenti del Decreto, e precisamente:
- Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico (Art. 24, D.Lgs. n. 231/2001);
- Delitti informatici e trattamento illecito di dati (Art. 24-bis, D.Lgs. n. 231/2001);
- Delitti di criminalità organizzata (Art. 24-ter, D.Lgs. n. 231/2001);
- Concussione, induzione indebita a dare o promettere altre utilità e corruzione (Art. 25, D.Lgs. n. 231/2001);
- Falsità in monete, in carte di pubblico credito, in valori di bollo e in strumenti o segni di riconoscimento (Art. 25-bis, D.Lgs. n. 231/2001);
- Delitti contro l’industria e il commercio (Art. 25-bis.1, D.Lgs. n. 231/2001);
- Reati societari di cui agli artt. 2621, 2621 bis, 2622, 2623 comma 1 e 2, 2624 comma 1 e 2, 2625 comma 2, 2626, 2627, 2632, 2628, 2629, 2629- bis, 2633, 2635 terzo comma, 2635 bis comma 1, 2636, 2637, 2638 comma 1 e 2 (Art. 25-ter, D.Lgs. n. 231/2001);
- Reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle leggi speciali (Art. 25-quater, D.Lgs. n. 231/2001);
- Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili (Art. 25-quater.1, D.Lgs. n. 231/2001);
- Delitti contro la personalità individuale (Art. 25-quinquies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Reati di abuso di mercato (Art. 25-sexies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro (Art. 25-septies, D.Lgs. n. 231/2001) [articolo aggiunto dalla L. n. 123/2007]
- Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio (Art. 25-octies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Delitti in materia di violazione del diritto d’autore (Art. 25-novies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria (Art. 25-decies, D.Lgs. n. 231/2001) [articolo aggiunto dalla L. n. 116/2009]
- Reati ambientali (Art. 25-undecies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (Art. 25-duodecies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Razzismo e xenofobia (Art. 25-terdecies, D.Lgs. n. 231/2001);
- Frode in competizioni sportive, esercizio abusivo di gioco o di scommessa e giochi d’azzardo esercitati a mezzo di apparecchi vietati (art. 25-quaterdecies, D. lgs. N. 231/2001);
- Reati tributari (art. 25-quinquiesdecies, D. lgs. N. 231/2001).
Per potere ascrivere la responsabilità all’ente, secondo quanto stabilito dall’art. 5 del d.lgs. 231/2001, il reato o i reati presupposti devono essere stati realizzati nel suo interesse o vantaggio da soggetti apicali, ossia che rivestono, anche di fatto, funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione o da soggetti sottoposti alla loro vigilanza, indipendentemente che siano dipendenti dell’ente o esterni ad esso. I soggetti apicali sono ad esempio gli amministratori, componenti del consiglio di gestione, membri del comitato esecutivo, dirigenti. I sindaci, invece, non avendo quelle funzioni gestorie proprie degli apicali, ma soltanto poteri di controllo, non possono dirsi tali. Rientrano tra i soggetti sottoposti agli apicali, i lavoratori subordinati, i collaboratori che non hanno un rapporto di lavoro continuativo. Per quanto riguarda i consulenti esterni che operano continuativamente per la società (agenti, franchisee, fornitori), occorre accertare l’effettivo svolgimento di mansioni aziendali sotto la direzione o il controllo di soggetti apicali.
Per evitare la responsabilità l’ente è chiamato ad adottare un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Ai fini dell’esenzione da responsabilità non è sufficiente, tuttavia, che il modello sia stato adottato, ma è necessario che esso sia stato efficacemente attuato.
La responsabilità dell’ente è presunta qualora l’illecito sia commesso da una persona fisica che ricopre posizioni di vertice o di responsabilità; ciò comporta un’inversione dell’onere della prova a carico dell’ente il quale, al fine di escludere la propria responsabilità, deve provare che:
- l’ente si è dotato di un modello di organizzazione, gestione e controllo che è stato attuato efficacemente;
- il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- il reato è stato commesso mediante elusione fraudolenta del modello;
- la vigilanza da parte dell’organo di controllo non è stata omessa o insufficiente.
Se, invece, il reato è stato commesso dai sottoposti, l’ente risponde solo se la commissione dell’illecito è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza.
Al contrario, l’ente non risponde se essi hanno agito nell’esclusivo interesse proprio o di terzi.
La nozione di interesse va valutata ex ante, come direzione finalistica dell’illecito. Diversamente il vantaggio rimanda ad un accertamento ex post delle utilità ricavate dall’ente come conseguenza del reato. Il primo costituisce, dunque, un dato meramente potenziale che sussiste indipendentemente dalla sua successiva concretizzazione, mentre il vantaggio costituisce un dato reale, oggettivamente riscontrabile. Con particolare riguardo ai reati commessi in violazione della normativa antinfortunistica di cui all’art. 25 septies, la nozione di interesse e vantaggio va invece interpretata alla luce del risparmio di spesa conseguito dalla mancata predisposizione delle misure di prevenzione e protezione richieste dalla legge.
La responsabilità amministrativa degli enti comporta l’applicazione di sanzioni pecuniarie e interdittive (l’interdizione dall’esercizio dell’attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio, l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi, il divieto di pubblicizzare beni o servizi) della confisca e della pubblicazione della sentenza di condanna.
Per l’illecito amministrativo dipendente da reato la sanzione pecuniaria è sempre applicabile. In particolare, essa viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille, il cui importo va da un minimo di euro 258 ad un massimo di euro 1.549.
Per non incorrere nella responsabilità da illecito è dunque consigliato all’ente di adottare, ed efficacemente attuare, un modello di organizzazione, gestione e controllo.