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FALLIMENTO DENTIX

VICENDA DENTIX E LE CONNESSE PROBLEMATICHE LEGALI

Dentix Italia è una società controllata dal colosso Dentix Spagna riconducibile al dentista Angelo Lorenzo Muriel, che su tutto il territorio italiano conta ben 57 cliniche Dentix, rimaste chiuse causa Covid dal giorno del lockdown, ma che, inaspettatamente (o forse no), non hanno riaperto e pare che neppure riapriranno i battenti.

La crisi in cui versa il gruppo è davvero considerevole, sia perché coinvolti migliaia di pazienti rimasti con cure a metà (oppure neanche iniziate), sia perché quasi sempre queste prestazioni sono già state totalmente pagate facendo pesante ricorso a gravosi finanziamenti. La cosa in realtà era forse prevedibile, viste le prassi di gestione della Dentix che, pare, abbia come modalità quella di favorire i pazienti nell’accendere un finanziamento per affrontare le cure odontoiatriche necessarie, incassando Dentix subito l’ammontare della parcella, ma fornendo poi le cure solo a singhiozzo fino alla “latitanza” con connesso stop operativo. E allora come tutelarsi? Se, come appare altamente probabile, i finanziamenti sono stati erogati per l’acquisto di quello specifico servizio che sono le cure odontoiatriche, il mancato adempimento del contratto in parola rende annullabile anche il correlato finanziamento a norma del Codice del consumo e nel TUB.

Veniamo alla disciplina astrattamente applicabile alla specie che ci occupa. Per contratto di credito al consumo si intende il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere ad un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria. Nella prassi commerciale, il suddetto negozio viene concluso contestualmente alla vendita di un bene o di un servizio per consentire al compratore di finalizzare l’acquisto.

Più precisamente l’art. 121 lett. d) D.Lgs 1° settembre 1993 n. 385, come novellato, detta una definizione di contratto di credito collegato recependo, sostanzialmente, la teoria del collegamento negoziale fra contratto di vendita e contratto di finanziamento ed il nuovo art. 125 quinquies recita testualmente: “nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile. La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché’ ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.”

La norma prevede quindi che il consumatore possa chiedere la risoluzione del contratto di credito alla duplice condizione che l’inadempimento del quale il venditore/fornitore si sia reso responsabile non sia, ai sensi dell’art. 1455 c.c., di scarsa importanza e che il consumatore abbia preventivamente ed inutilmente costituito in mora il venditore/fornitore.

Il più recente orientamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. 6 marzo 2012 n. 3477; Cass. 28 marzo 1995 n. 3669; Cass. 21 febbraio 2006 n. 3742) ha chiarito che la valutazione della gravità dell’inadempimento deve compiersi secondo i seguenti criteri: “la non scarsa importanza dell’inadempimento, che, nel giudizio di risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive, deve essere verificata anche di ufficio dal giudice, trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda, deve essere accertata non solo in relazione alla entità oggettiva dell’inadempimento, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte intende realizzare e sulla base di un criterio, quindi, che consenta di coordinare il giudizio sull’elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell’economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi e che, conseguentemente, investa, specie nei casi di inadempimento parziale, anche le modalità e le circostanze del concreto svolgimento del rapporto, per valutare se l’inadempimento in concreto accertato abbia comportato una notevole alterazione dell’equilibrio e della complessiva economia del contratto, e l’interesse dell’altra parte, qual è desumibile anche dal comportamento di questa, all’esatto adempimento nel termine stabilito. Ne consegue che, nel caso di inadempimento parziale, il giudizio della non scarsa importanza dell’inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta, rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi della valutazione”.

Per comprendere quando l’inadempimento possa essere considerato di non scarsa importanza, si deve fare riferimento all’interesse della parte che lo subisce. Rientreranno quindi in tale categoria tutte quelle ipotesi in cui la parte adempiente, se avesse conosciuto l’inadempimento, non avrebbe concluso il contratto.

La costituzione in mora del venditore/fornitore deve avvenire in forma scritta con lettera raccomandata nella quale il consumatore dovrà inserire i seguenti contenuti: una breve descrizione dell’accaduto, specificando l’inadempimento contrattuale della controparte e le richieste che si avanzano. Va indicato un termine entro cui si chiede l’adempimento della prestazione (di solito 15 giorni dal ricevimento della raccomandata). L’avvertimento che in difetto si adiranno le vie legali con ulteriore aggravio di spese.

Di tale messa in mora dovrà essere messo a conoscenza l’Istituto di credito, il quale, perché possa operare la risoluzione del contratto di finanziamento ai sensi dell’art. 125 quinquies TUB, dovrà conoscere le ragioni per le quali il consumatore ha deciso di interrompere il pagamento delle rate e dovrà quindi poter verificare se sussistono i presupposti di legge per l’operatività della disciplina summenzionata. È chiaro che, in difetto di tale comunicazione, la finanziaria potrebbe pretendere l’integrale pagamento del credito al consumatore, quindi va prestata particolare attenzione a questo adempimento.

Per dimostrare la presenza di un collegamento negoziale è indispensabile:

– che il finanziatore si avvalga del fornitore del bene o del prestatore del servizio per promuovere o concludere il contratto di credito;

– che il bene o servizio specifici siano espressamente individuati nei contratti di credito (art. 121 lett. d) nn. 1 e 2 TUB).

L’esistenza dei suddetti elementi oggettivi consentirà eventualmente al consumatore di interrompere il pagamento delle rate pattuite nel contratto intercorrente con l’Istituito di credito e di richiedere il rimborso di quelle già corrisposte e di ogni altro onere a qualsiasi titolo pagato.

Numerose sono le pronunce di legittimità che hanno riconosciuto, in caso di accertato collegamento negoziale, il diritto di richiedere la risoluzione del contratto di finanziamento a seguito della risoluzione del contratto di compravendita collegato (Cass. n. 22603/09 e Cass. n. 3589/10).

Si rende quindi pienamente applicabile il principio secondo il quale, nell’ipotesi di contratto di mutuo in cui sia previsto lo scopo del reimpiego della somma mutuata per l’acquisto di un determinato bene, il collegamento negoziale tra gli anzidetti contratti, per cui il mutuatario è obbligato all’utilizzazione della somma mutuata per la prevista acquisizione, comporta che della somma concessa in mutuo beneficia il venditore del bene, con la conseguenza che la risoluzione della compravendita del bene, che importa il venir meno dello stesso scopo del contratto di mutuo, legittima il mutuante a richiedere la restituzione della somma mutuata non al mutuatario, ma direttamente ed esclusivamente al venditore (Cass. nn. 7773/2003, Cass. 5966/2001, Cass. 7118/1998, Cass. SS.UU. 474/1994).

Allo stato attuale pertanto il consumatore che ha contratto un finanziamento per il tramite della Dentix potrà agire per la risoluzione dello stesso, reperendo se possibile e quanto prima le cartelle cliniche presso la struttura medica per documentare il mancato completamento delle cure odontoiatriche.

Se la Dentix Italia venisse dichiarata fallita (tenuto conto che in Spagna la società ha avviato la procedura di fallimento), i pazienti/creditori potrebbero agire in sede concorsuale insinuandosi al fallimento per il credito vantato nei confronti della società decotta.

Avv. Silvia Santoni